qual'è il kilo di una vita?

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    Nessuna vita è davvero sprecata

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    Pöly


    Novembre 1994

    Fu quello il mese in Pöly compì la bellezza dei suoi 25 anni.
    Uno splendido fiore giovanile. Pieno di vitalità, cuore e buon senso. Cosa di cui negli ultimi tempi andava via via scarseggiando.
    Eppure, nonostante non sapesse nemmeno il giorno in cui era nata, quel mese glielo ricordava.
    Ricordava con chiarezza il freddo dell'autunno, le spoglie di quella città grigia e monotona. Le piogge incessanti, che non sembravano placarsi mai.
    Per quella Londra che sembrava metter su il teatro dell'ignorata vita degenerata, che nascondeva sotto i tappeti i reietti nascosti dietro l'angolo e lasciava il posto ai giovani grinzosi che con sorrisi facili e abiti di quel tempo, saltellavano da un marciapiede all'altro, con chissà quale canzone del momento tra le labbra.
    Eppure si ignorava, di quanto triste e penoso potesse essere, quel luogo che nella sua apparenza, lasciava divorare senza alcuna pietà una buona fetta della società.
    Pöly sapeva benissimo di farne parte e di non potersi concedere una vita adagia. Con quali soldi poi? Gli unici che riusciva a racimolare, finivano tra le grinfie di un uomo che ogni settimana veniva a riscuotere il denaro dal bordello dato in affitto.
    Scosse la testa. Non aveva un che da dire a riguardo. Non erano affar suo gli affari e veder tutti quei pezzi di carta senza alcun valore non lo era ancor di meno.
    Proseguì, stringendosi nel giaccone sgualcito che la signora Agnes le aveva fornito. Nonostante fosse stata una donna riluttante e sempre seria nel suo lavoro, teneva a cuore quella ragazza che sembrava tutto tranne che una di strada. Più volte aveva tentato di trovarle il luogo giusto che davvero le appartenesse ma ormai, per quella dolce bambola bionda, si era ormai affezionata al bordello a cui apparteneva.
    Il solo problema di Pöly era che non lavorasse solo per quel luogo. Lavorava anche per altre persone. Ognuno con la propria esigenza, ognuno con la sua richiesta personale.
    C'era chi gli chiedeva di andare a rifornirgli per la sua scorta personale perché non era nemmeno in grado di alzarsi in piedi e chi invece provava ad abbindolarla per farla entrare in qualche gruppo di alcolisti o altro e tenersela per se.
    Ma lei non era così sciocca. Si offriva di aiutare la gente senza saper se faceva del bene o del male e poi cercava un posto dove rifugiarsi la notte.
    Tutti la conoscevano di nome e tutti a modo loro le volevano bene ma si spostava continuamente, non riuscivi a farci più di un dialogo che non fosse per mandarla in giro a cercare qualche fornitore o a trafugare qualcosa da mangiare ammaliando il negoziante.
    Pöly camminava con il freddo dell'autunno e ringraziò se quel giorno non aveva piovuto. Ringraziò anche che fosse forte e non si ammalasse poi così spesso per l'umidità.
    Le piaceva l'aria circostante: non era inquinata, non aveva voce. Amava il silenzio e il fuoco che di rado sentiva scoppiettare dai bidoni poco distanti.
    Svoltò per qualche vicolo, girò due angoli, incrociò qualche strada secondaria che li agevolasse il percorso a cui stava mirando.
    Gli era stato detto da un uomo incappucciato di prendergli una dose al proprio spacciatore. Lei aveva chiesto solo dove potesse trovarlo e niente di più. Si fece solo dare i soldi e poi sparì.
    Le persone si fidavano di lei. Eseguiva fedelmente gli ordini ma non era un cane. Aiutava perché altro non sapeva fare e non aveva altro di più importante da fare. Era gentile e sapeva calmare gli animi dei più turbolenti. Più volte aveva riscontrato qualche sceneggiata di abuso ma per qualche strano motivo, non appena la vedevano, cambiavano subito idea.
    Chissà per quale motivo si era chiesta. Chissà.
     
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    Benzo.




    La questione?
    Il freddo non mi spaventa più per un cazzo capito?
    Non lo sento.
    Non se sto sotto e questa sera è una di quelle sere che sono queste sere da dieci anni.
    Che frase del cazzo.
    Mi viene da ridere con la felpa addosso un petto nudo.
    C'ho i capezzoli così duri che si vedono dal tessuto, ma le arterie tanto bucate che cammino storto e non tremo sotto i sette gradi che ci sono.
    Passa una donna vestita di rosa e penso al cappellino che aveva Annie a tre anni.
    Le orecchie da coniglio di peluches.
    Scusa, amore mio.
    Papà ha il cuore intorpidito stasera alle porte della periferia.
    Il vomito di stamattina sulla giacca.
    L'anca storta, i bermuda, i calzettoni e gli anfibi.
    Occhi socchiusi e un'aria da beota che si fa sorreggere dai muri.
    Spaccio.
    Un lavoro del cazzo.
    Pessima idea andarci fatto a mina.
    Che paranoie che ho.
    Le ginocchia che tremano.
    Mi tengono perché Themba è un amico e un po' di pena ce l'ha.
    Sto poco attento, ma da quando mi hanno spaccato di botte, almeno, non mi calo quello che devo vendere.
    Oggi poco via vai.
    Questa chi cazzo è?
    Io conosco solo le donne coi loro capelli unti.
    Che bella che è.
    Ammicco, sì.
    Sorrido, sì.
    Stanco e sghembo coi denti malati.
    Che ti serve?
    Chiedo tranquillo, se viene qui è perché cerca me, non ci capita per caso.
    Sarebbe già scappata stringendo più forte la sua borsetta.
    Alla donne io faccio paura.
    Agli uomini schifo.
    Sospiro e spingo la schiena contro il muro per darmi lo slancio.
    Eccomi.
    Semidiritto.
    Vieni per te? Ti mandano grandi? Non hai l'aria da tossica tu... capito?
    E sorrido ancora accendendomi una sigaretta a fatica.
    Ha gli occhi blu.
    Li vedi, sì.
    Ma il mare non mi piace.
    Le alghe allacciate alle caviglie.
    Che non le riconosci.
    Ti sembrano squali.

    Edited by Benzo.jpg - 19/10/2018, 00:37
     
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    Pöly


    Troppe, troppe sono queste strade. Sento le scarpe consumarsi e forse anche la mia intera vita è finita per ridursi ad una miserabile esistenza.
    Ma non importa, so di aver fatto delle scelte ma non me ne sono resa conto. Ho scelto di vivere per le strade e solo a loro. Perché? Perché diamine dovrebbe essere rassicurante l'asfalto freddo e morto? Non ti protegge, non ti rassicura. Ti uccide in ogni momento, dove gli occhi della gente non guarda perché è troppo impegnata a guardare davanti a se per accorgersene.
    Pare che si abbia dimenticato della gratitudine sopra cui noi camminiamo. La gratitudine che adesso si è ridotta in miseria e indifferenza. Adesso, le uniche persone che vivono per le strade sono barboni accatastati in un angolo a far le elemosina e i tossici, che sembrano percorrere i percorsi dei fantasmi affamati e senza trovar pace alcuna.
    Scuoto la testa. So di essere una di loro. So di essere una barbona, una tossica e altra merda con un nome troppo brutto per essere bello. Le persone danno così tanti nomi, perché proprio a loro quelli brutti? Perché a loro quelli evitati dal resto del mondo? Dovrei forse dire noi? Ma io esattamente cosa sono?
    Trovo l'uomo e la testa si svuota. Pare che il povero criceto nella mia testolina si sia fermato e abbia deciso di fare sciopero. Rimango immobile, imbambolata come se avessi visto chissà quale morto risorto in piedi.
    Eppure ci sono alcune parole che mi balenano della mente. Sono tutte così preoccupanti che quasi, me le sento addosso.
    Mi chiedo se abbia freddo con quei pochi vestiti addosso. Il freddo è terribile. Il caldo ancora di più. Sente freddo? Quelle ossa che sporgono e sembrano la carne esposta nelle macellerie. Da cosa sono consumate? Sono i morsi della fame? O qualcosa ben peggiore? Malori, genetica? Cosa davvero lo sta divorando?
    Vedo come non si regge in piedi eppure, nel mutismo, ho la sensazione che se non allungo per più di una volta la mia mano troppo esile, ho il sentore che mi caschi sotto gli occhi, dove la strada aspetta in ogni momento per accoglierlo e cullarlo nel sonno senza fine.
    Poi mi sorride. Cosa ho di strano? Ha capito che un velo di preoccupazione è celato dagli occhi? Eppure non mi conosce, non credo voglia essere compatito ma io amo le persone di strade. Sono loro la mia casa, la mia famiglia.
    Non provo alcuna pena per lui. La pena la si prova per gli uomini deboli. Lui non è affatto debole. Chiunque non abbia un posto in cui tornare è forte, molto forte.
    Mi chiede cosa io voglia. Vorrei tanto sapere cosa stia vedendo in me. Sono sbagliata per questo mondo? Dovrei essere in un bel posto al caldo? Il mio viso è troppo giovane per restare qui? Vorrei davvero conoscere i pensieri altrui e farli miei, come consigli che imparerei a ricordare, più degli stupidi insegnamenti di scuola.
    Dal cappotto sgualcito estraggo un pezzo di carta, alcune lettere nere sono state tracciate. Ci sono nomi di droghe che conosco a memoria. Non sono stata certo una chimica ma è stato l'unico modo per imparare a leggere.
    Buffo no? Imparare a leggere imparando il nome delle droghe, degli stimolanti ed eccitanti. Mi mancava solo imparare i componenti chimici.
    Glielo pongo. Credo che non serva dirlo a voce. Conosce meglio di me il mestiere, sa sicuramente cosa sia in grado di uccidere un corpo e una mente umana.
    Io aspetterò. I soldi sono ancora con me. Non devo temere. Aspetterò che la notte non cali presto. Ho tante cose da fare.
     
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    Benzo.



    Un'altra muta.
    Che due cazzo di coglioni.
    O forse meglio così, che se ne stia nel suo cappotto e che non entri nei cazzi miei.
    Penso però che abbia un bel culo e forse anche l'AIDS.
    Forse una botta gliela darei.
    Ma sto in piedi a fatica stasera.
    Mi proge un foglio scarabocchiato male e sputo per terra leggendo mentre il ricordo della mia iniziata laurea in lettere fa in modo che io mi senta quasi male davanti alla sua calligrafia.
    Manco mi risponde.
    Vabbè, come cazzo ti pare.
    Dico cercando la roba dalla bisaccia, ho anche più o meno capito chi me la manda.
    Poca gente compra tutta sta cazzo di roba.
    Differente ma dosi piccole almeno o col cazzo che ci beccavamo qui se era roba grossa.
    Mi da i soldi e io le do la roba.
    Scambio veloce ma tranquillo.
    Poi il lampo.
    Il cappello.
    Spalle contro il muro e di colpo sgattaiolo al suo fianco.
    Sei parole.
    Sussurrate veloci come una fottuta preghiera, quella che dici al prete quando c'hai nove anni e vuoi tornare a giocare al pallone.
    Oh cazzo scappa c'è la pula.
    Ohcazzoscappacèlapula.
    E corro via, velocissimo con la borsa stretta sotto il braccio e la pistola che scocciata alla pancia fa male da morire.
    Mi strappa i peli.
    Corri Benzo.
    Non fermarti.
    Non voltarti.
    Tra le bancarelle, nel parco, spingo un bambino, rischio di cadere.
    Ma sono vicini e lancio la borsa più lontano che posto dietro ad un angolo che non prendo.
    Svicolo in un altro ed ecco il peso di un uomo addosso.
    Cazzo.
    Il mio respiro si è bloccato.
    Il ciottolato mi ha sfondato lo stomaco e il ginocchio di questo schifoso la schiena.
    Lasciatemi, merde.
    Urlo cercando di divincolarmi, ma sono in tre.
    I loro stivali sono più duri della mia pellaccia e quel che ci ricavo sono dei calci in faccia e nella pancia.
    Diverse minacce.
    Sappiamo che hai la roba.
    Ti conosciamo.
    Vieni in centrale.
    Eccetera eccetera.
    Ma non mi ci portano.
    No no Edward, lascia perdere, lo peschiamo mese prossimo, si vede che gli hai spaccato il naso. Rischi il posto.suo
    Io intanto ho sputato due denti che la droga ancora non aveva fatto cadere e mi sanguina la faccia.
    Mi viene da piangere ma mica per la paura.
    Per il male fottuto che mi fa la pancia e sopratutto la faccia pesta.
    L'occhio che è scoppiato già gonfio come un Airbag insieme al labbro.
    Mi lasciano da solo e mettermi carponi è faticoso.
    Non mi sono mai sentito così pesante.
    Voglio tornare a casa.
    La felpa imbevuta del fango di una pozzanghera.
    Sputo una scheggia di dente e mi tengo il naso rotto.
    Almeno sono libero.
    Barcollo verso casa?
    No, barcollo a riprendere la mia tracolla coi documenti e un po' di roba ancora dentro.
    Non mi va di pensare se quella tipa s'è parata il culo.
    Non le pestano le donne in città.
    Mi siedo per terra e controllo ci sia tutto nella borsa.
    Un po' d'acqua anche e un panino.
    Aspetto magari che mi si fermi il sangue al naso prima di ripartire.
    Mi tengo una delle ferite.
    Ignoro il cibo.
    Bevo dell'acqua e tremolante accendo una paglia.
    Devo farmi una pera.

    Edited by Benzo.jpg - 19/10/2018, 00:38
     
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    Pöly


    Più i minuti passano, più non so se dovrei preoccuparmi. Non tanto per il tempo che ci mette a prendere il pezzo di carta e farmi gelare il culo ma piuttosto per tutte quelle smorfie che il suo viso sta facendo. Contratte, rilassate, divertite? Non sono sicura di decifrarle, sicuramente, nella testa dell'uomo, oltre allo schifo che porta con se, sa ragionare a modo.
    Il suo tono brusco non dovrebbe sorprendermi. Avrei fatto prima a dirgliele a voce tutte quelle sostanze che in confronto agli erbicidi per le erbacce, fanno solo da toccasana ma non l'ho fatto. Non mi sento colpita, ne delusa. Un misto di indifferenza e un scrollo di spalle basta e avanza per intascarmi il tutto nel cappotto che potrebbe contenere un arsenale da guerra che altro.
    Mi sono ripetuta spesso se potevo cercarmi altri lavori, qualcosa di più tranquillo ma meno serio. Qualcosa che non coinvolgesse le vite delle persone ma i loro bisogni personali. Le stronzate sul mangiare fino a scoppiare, il far felici qualcuno con un mazzo di fiori o una scatola di cioccolati. Qualcosa che non fosse camminare per chilometri in tutta Londra con piedi senza scarpe e il freddo che ti parte dal basso alla punta dei capelli.
    Sono comunque riuscita a concludere l'accordo. I soldi sono stati portati via e in cambio ho ricevuto bustine di ugual misura. Non bado al conto, al contenuto di esse. Non sono uno scienziato che analizza un cadavere per vedere se è tutto apposto. Se non sa farlo lui il suo lavoro, cosa ci starebbe a fare?
    Scuoto la testa, provo a ringraziarlo. Apro la bocca che sembra essersi congelata. Le labbra increspate, spaccate dal freddo. Una sciarpa, sicuramente mi terrebbe al caldo. Ma con quali soldi potrei permetterla?
    Ma la richiudo l'istante dopo. Un suono che non mi piace per niente arriva impercettibile alle mie orecchie.
    Pericolo.
    Una singola parola basta per ancorare le mie gambe sull'asfalto e rimaner immobile, quasi come quando da bambina fissavo il negozio di bambole e mi chiedevo se fossero vere.
    Gli unici a muoversi sono gli occhi che fissano una strada disabitata ma sono sicura che presto non lo sarà più. Ci saranno persone. Gente cattiva, gente che è pronta a contaminare tutto.
    Mi sono dimenticata dell'uomo davanti a me ma non della sua voce. Forse l'unica che è stata in grado di sbloccare il meccanismo del mio corpo e farmi balzare via come una lepre in preda al panico.
    Ed io l'ascolto, corro in una direzione a caso. Ripeto nella mia mente: le strade sono la mia casa, sono la mia famiglia. Loro mi proteggeranno. Lo fanno da 25 anni.
    Non mi rendo nemmeno conto di dove mi trovi, di quale sporco e angusto angolo io mi sia acquattata ma lo faccio. Chiudo gli occhi, porto le mani sulla testa. Mi sento come un cane appena pestato da dei ragazzini troppo stupidi per capire la loro cattiveria.
    Da quanto respirare era così difficile? Il petto mi duole per la corsa forsennata della salvezza ma lo faccio lentamente, con la speranza che si calmi. Ho bisogno di calmarmi, altrimenti sarei rimasta lì.
    I pensieri si fondono con il freddo e lo squallore in cui mi trovo. Non riesco a ragionare a mente lucida ma solo impazzire.
    Eppure, in mezzo al caos nella testa, tra suoni di serene e passi che si rovinano lungo l'asfalto l'immagine dell'uomo di prima mi balza difronte.
    Dove è andato? Mi ha abbandonato? O io ho abbandonato lui a quegli uomini? Ne ho colpa? Sono macchiata?
    No, no no.
    Mi rizzo in piedi. Non è più il terrore per la mia salvezza a spaventarmi ma l'anima di una persone che ho appena condannato.
    Dov'è? Diamine, dov'è andato?
    Sto spendendo il tempo che potrei concedermi nel tornarmene a casa, da chi sono venuta per venire fino a qui ma posso aspettare. Lui può ancora aspettarmi. Se sarà arrabbiato con me gli offrirò il mio corpo, la mia voce, le mie grida.
    Devo trovarlo o non troverò perdono.
    Percorro la stessa strada. Sembro una mappa di immagini e nomi. Solo io posso ricordare. Nessuno lo sa, Forse è meglio così.
    Vedo poi le figure distinte di prima: abiti belli, scuri e minacciosi. Non mi piacciono. Non appartengono a questo posto.
    Mi nascondo, poi cammino alle loro spalle. Deve esserci un parco lì. Come si chiama?
    Non importa. Importa dell'uomo ma ci sono troppe persone: bambini, anziani, donne e altri simili. I loro sorrisi mi fanno arrabbiare.
    Che abbiano visto la scena? Come possono essere felici?
    Niente pietà, niente problemi.
    Mi rendo anche conto di star borbottando qualche parolaccia in Finlandese ma non me ne preoccupo. Solo quando la sua sagoma in un angolo mi balza agli occhi, esclamo con troppa enfasi e alcuni si girano a guardami.
    Ignoro quello che non mi piace e mi avvicino a lui ma più lo faccio, più lo vedo diverso. Peggio di prima.
    Paska!
    Sono sicura che non li piacerà vedermi e nemmeno io mi chiedo per quale assurdo motivo io sia andata lì però mi sento meglio. Le gambe non tremano più e il respiro è più tranquillo.
    Mi piego sulle ginocchia, osservo il suo volto come a cercare qualcosa di stonato. Vedo il sangue colarli dal naso ma non ho fazzoletti c0n me. Come avrei potuto pensarci? Ad asciugare il sangue di qualcun'altro.
    Eppure non penso mentre allungo la manica del giaccone e glielo metto sotto il naso. Non è la cosa più igienica del mondo ma a lui sicuramente non fregherà qualcosa.
    Stai ridotto una merda.
    Si sente che il mio accento non è inglese eppure sono sicura che mi sia allenata il più possibile per non farlo sentire.
    Gli prendo qualunque cosa stia fumando. Mi faccio un tiro per abbattere la tensione e gliela ripasso. Ora mi sento decisamente meglio. Un po' confusa certo, ma apposto.
    Una donna che ha prestato una manica per pulire lo schifo che ha sulla faccia e si è fumata qualcosa. Che giornata.
     
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    Benzo.




    Non ho paura delle ferite.
    Che stracazzo mi frega?
    Sento il tabacco nei polmoni e cerco di lasciar perdere questo dolore amplificato.
    Cosa sto aspettando?
    Cosa mi trattiene dal correre a casa, farmi una pera e svenire sul pavimento.
    C'è che ho avuto paura m'ammazzassero.
    Ho avuto paura davvero di un colpo troppo forte sulle tempie o di restare troppo schiacciato a terra.
    Fino a diventare viola.
    Loro e quel dovere di picchiare i delinquenti.
    Quanta gente ha ucciso la mia droga.
    Non lo so, ma sta ammazzando anche me.
    Sarei stato uno di meno ad importunare ragazzini.
    Ma una mamma l'ho anche io e amici e parenti.
    Tremo.
    Le mani tra i capelli ancora spaventato.
    Mi fa male il costato.
    Prendo un'altro tiro e poi la vedo.
    La ragazza muta che è scappata con me mi osserva prima da lontano e poi si avvicina a piedi nudi.
    Deve essere una di quelle barbone che alle scarpe preferiscono il cibo e le sigarette.
    Si piega su di me e io la guardo.
    E lei mi guarda.
    È più carina di quanto credessi.
    E io con quest'occhio gonfio?
    Sei fortunata, le donne non le pestano mai...
    Mormoro soffiando del fumo.
    CITAZIONE
    Stai ridotto una merda

    'Sta ragazza puzza.
    Non si lava.
    Ascolto le sue parole e mi limito ad annuire lasciandole prendere la mia sigaretta.
    La sua manica nel frattempo è sotto il mio naso sanguinante.
    La mia felpa è già zuppa.
    Mi scanso con la faccia.
    Non la voglio sporcare.
    Bimba, puzzi di carogna... sei stata gentile a venire a controllarmi.
    Tiro su appena col naso e il sangue mi va di traverso.
    Gentile la topa straniera.
    Bella.
    Magari la fortuna inizia a girare e stasera me la scopo.
    Sarebbe carino.
    Sì, ma messo così che a stento mi muovo?
    Poi sto pensando alla droga.
    Ma allora perché...
    Senti se ti va
    Perché io gli chiedo...
    Puoi venire da me e farti una doccia.
    Se vuole seguirmi.
    Ricambio il favore del suo interesse o forse o poco voglia di star solo con me stesso ed i miei vizzi.
    Tossisco.
    Perché sono già a tre grammi in vena in dosi da uno.
    Se me ne faccio un quarto rischio collasso ed overdose.
    Eppure ne sento il bisogno.
    Vieni con me ragazzina anche solo per un caffè o per guardarmi.
    Ho bisogno d'aiuto.
    Seguimi se vuoi.
    Mi alzo in piedi.

    Edited by Benzo.jpg - 19/10/2018, 00:38
     
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    Da dove esce tutta questa mia gentilezza? Io che sono così riluttante agli sconosciuti, sto prestando l'unico indumento buono per pulire lo schifo di qualcun altro. Sto forse impazzendo? E quella cosa che ho appena fumato ad aver fatto subito effetto...Non credo proprio.
    Sento le gambe indolenzite, i piedi gelidi ma ho dimenticato la sensibilità da molti anni ormai. Con certezza so che se mi ficcassero dei vetri là sotto, nemmeno li sentirei.
    Dovrebbe essere uno dei tanti vantaggi dello vivere in strada: attutire un senso, amplificarne un altro. Fa tutto parte di un meccanismo mentale ma non sono mai stata tipo da troppi ragionamenti e parole fatte per raggirare. Le persone non le salvi con belle frasi ma le uccidi o le ammorbidisci, peggio di una pistola puntata alla tempia.
    E stata solo questione di attimo. Non ragiono con la mente, nemmeno con il cuore ma con l'istinto. Di un animale in soccorso di un altro per un bene comune. Si chiama collaborazione? Non ne ho idea ma mi piace come suona. Ha un suono carino. Molto carino.

    «Sei fortunata, le donne non le pestano mai...»

    Le donne non le pestano mai? Forse quel tipo di uomini ma non per altri.
    Dicono solo che le donne siano debolezze con una testa bellissima. Ma finché puoi giocare con il loro corpo, quello che dicono non importa poi tanto. Non so quanto possa far male. Ho sempre cercato di non sbagliare mai nel mio lavoro. Credo per il terrore.
    Il terrore è davvero pauroso.
    E vederlo, su altri, fa star male anche a te più di tutti. Sentirsi impotenti e terribile. Nascondersi ti salva.
    "Chi non ti vede, male non può farti." Me lo disse una vecchietta prima che le strade le facessero da letto un ultima volta ed io lo ripetevo ogni volta che c'era bisogno.
    Attutire un senso, amplificarne un altro.

    «Bimba, puzzi di carogna... sei stata gentile a venire a controllarmi.»

    Mi riscuoto, un po' intontita. Non mi ero nemmeno accorta che si fosse scansato. Lo stavo forse soffocando.
    Almeno respira ancora. Il sangue sembra essersi seccato. Una macchia in più per un male in meno. Non è così terribile infondo.
    Eppure tra i due, nemmeno io me la passo tanto meglio. Ho ancora le unghie sporche di terra e fango.
    Sono stata anche il segugio di una certa persona. La droga la si nasconde in ogni dove. L'ho trovata e mi sono sporcata.
    Faccio proprio schifo.
    Vorrei sorridergli ma credo che in questi casi, una ragazza dovrebbe vergognarsi. Una bella ragazza dovrebbe aver un viso pulito e delle mani pulite ma io non le ho. Se non sono una ragazza, che cosa sono?

    «Puoi venire da me e farti una doccia.»

    Sono sorpresa. Si, esattamente mi sento così. Dovrei accettare? L'uomo sarà furioso con me se non li porterò la sua merce prima di stanotte? Mi pesterà forse? Potrei esser più furba...
    Potrei farmi perdonare con altro. Ho visto i suoi occhi. Erano gentili ma anche maliziosi.
    La donna è debole ma è anche una Kohtalokas nainen. Non c'è nessuna parola che tiene e un po' io lo sono. Non in questo stato almeno...
    Si! Farò così. Non importa di me. Adesso ho bisogno di accettare la sua offerta.
    Voglio fare l'amore con l'acqua calda. Voglio...
    Vengo...Vengo a far l'amore da te.
    Non mi rendo conto di averlo detto fino a quando non mi alzo e lo seguo. Non lo guardo. Penserà male.
    Ma male non lo è affatto. Dovrebbe esser bello. Fare l'amore sotto l'acqua...
     
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    Benzo.



    Sta avvolta in quello che sembra un mutismo selettivo.
    O forse sono io che non lascio il tempo ai pensieri di affiorare.
    Le osservo i piedi.
    Sono piccoli, come piacciono a me.
    Ma dubito siano buoni, troppo ruvidi e poi, poi non sono nelle condizioni di pensare al sesso.
    Non dovrei esserlo.
    Sento lo stomaco e la vescica spappolati a causa dei cazzotti delle guardie.
    Verranno a ripescarmi e mi beccheranno con la roba addosso.
    Quattro anni.
    Sto scappando da dieci anni da quei quattro anni di detenzione.
    Il naso smette di sanguinare, ma sono a pezzi, ho il coccige dolorante a causa dei calci in culo.
    A loro piace umiliare.
    Penso sia lo stesso sentimento di quando vogliamo venire in faccia alle donne.
    Passo la lingua nella fessura che il dente che mi hanno spaccato mi ha lasciato.
    Brucia, ha il sapore del ferro.
    Come se la droga già non me ne facesse perdere abbastanza.

    Fare il test dell'HIV.

    Dovrei, sai, per le situazioni come queste dove una tipa straniera ci sta davvero pensando alla proposta di seguirmi a casa.
    Buon dio... parla.
    Dico innervosito dalla sua presenza mista al silenzio.
    Insensata.
    Ma non ho un tono d'attacco, più che altro leggermente basito.
    Un mezzo sorriso.
    Attendo e la sua risposta mi spiazza.
    CITAZIONE
    Vengo...Vengo a far l'amore da te

    Ha capito.
    Nessuno accetta mai.
    Ora cosa dovrei dire? Non ero preparato?
    "Hei bella, guarda che non sono sicuro mi tiri, devo prendere il viagra anche se ho trent'anni perché mi buco da dieci anni e non mi tira, a volte"
    Mi tira adesso?
    No.
    Mi fa tropo male tutto, ma magari a casa con una tirata di coca passa tutto.
    Magari anche un po' di erba.
    La osservo, lo ha chiamato fare l'amore e ha accettato subito.
    Che sia una puritana?
    Mi incammino con lei vicino verso la mia baracca: un appartamento in un condomino puzzolente e fatiscente.
    Guarda che io non li ho i soldi per "fare l'amore" come dici tu.
    Dico ficcandomi le mani in tasca.
    Ci sono già stato con le prostitute, ma voglio capire se devo pagare per lei.
    Dovrei solo farla lavare e basta.
    Fare l'uomo.
    Ma l'uomo si comporta così.
    Da quanto non scopi, Benzo?
    Da quando amara mi ha lasciato otto mesi fa.
    Apro la porta e la lascio entrare.
    Beh, mettiti comoda... ti vado a preparare un asciugamano.
    É un bilocale del cazzo, spaccato dai miei raptus, ho venduto tutti gli elettrodomestici per la roba: televisore, microonde.
    Vestiti e fumetti porno ovunque.
    Caffè rappreso sul tavolino.
    Vomito nel water.
    Mi calo la pillola blu e torno in salone per prepararmi una striscia.
    Scordo degli asciugamani.
    La sistemo bene sul tavolino di vetro e la tiro su con un pezZo di cartone proveniente da un depliant di centri di recupero, arrotolato.
    Sì cazzo!
    Dico sorridente e riprendendo fiato con il naso che ancora un po' sanguina.
    Scenderà il dolore pian piano.
    Torno a guardarla silenzioso.
    Aspetto dica qualcosa mentre mi sfilo la maglia a lasciar intendere qualcosa.
    Per ora la pillola non sta ancora funzionando.
    Ossa esposte, un capezzolo bucato da un piercing.
    Livi di vecchi buchi infettati sulle anche.
    Una pancia scavata e le costole che forano la pelle.
    Poca peluria scura sulla pancia e che esce dai jeans attillati e bassi sui fianchi.
    "Annie" scritto sul petto in corsivo.
    Non sono bello.
    Ma va bene così.

    Edited by Benzo.jpg - 19/10/2018, 00:39
     
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    Pöly



    Parlare o non parlare. E davvero un bel dilemma. Specie se prima hai detto qualcosa di assolutamente indecente ma io l'ho fatto senza nemmeno accorgermene.
    Per questo sembra non tanto stupirmi la faccia di quell'uomo. Che abbia capito? O in altro modo? Vorrei chiederlo ma ho la paura che non mi faccia più entrare in casa se lo facessi.
    Voglio solo sentirmi avvolgere dalla trasparenza e niente più. Voglio sentir calore...
    Io provo a tacere. Lo sto facendo solo per il suo bene, per non sforzarlo. Deve fargli male il torace, ci saranno sicuro brutte macchie, peggio di quelle sulle mani di un pittore e sono vere.
    Quanto tempo ci vorrà per stare meglio? E se lui non guarisse? Non dovrei poi pensarci tanto ma dal momento che sto con lui, devo ridurre la mia presenza all'indispensabile.
    Cosa potrebbe farlo stare meglio? Qualcosa di fresco? Acqua fresca. Forse potrei invitarlo a far la doccia con me anche se è quella casa sua...

    Guarda che io non li ho i soldi per "fare l'amore" come dici tu.

    Lo guardo, più del dovuto. La mia mente è da tutt'altra parte per aver sol capito cosa abbia davvero detto. Sto facendo una scansione di cosa possa esserci sotto i vestiti, di quanto la sua situazione possa essere.
    Non sono un dottore, sono solo qualcuno. Qualcuno che aiuta qualcun altro. Per un bene comune, per un male minore.
    Lo guardo e sbatto le palpebre. Mi capita spesso di perdermi nei ragionamenti ma mi basta una volta nel sentire gli altri.
    Non preoccuparti, è free.
    Mi piace la lingua inglese. Una singola parole è capace di aver più significati. Libero e gratis, suonano bene insieme. Ti da la possibilità di aver qualunque cosa tu voglia senza pagar niente e a me sta bene così.
    Ricordo nella mente le strade che stiamo facendo insieme. Dovrebbe esser la prima volta che lo faccio con qualcuno per così tanto tempo e riconosco questo posto. Devo esserci passata qualche settimana fa, per una donna sicuramente.
    Sorrido. Il posto in cui vive è davvero carino. Per persone di altro livello sarebbe stato l'opposto ma questo aspetto fatiscente è più che apprezzabile.
    Quattro muri, un tetto solido, una porta chiusa. Potrei farci l'abitudine.
    Non guardo nemmeno il mobilio. Gli occhi si fissano più su di lui che su quello che sta intorno. E roba sua, non deve interessarmi.
    Non interessa nemmeno quello che sta prendendo o quello che sta fumando. Non è sicuramente zucchero ma finché mi guarda ed è ancora vivo il resto non conta.
    Lui si toglie la maglia. Vedo i segni che avevo pensato prima. Devono esser molti di più.
    L'idea della doccia mi ritorna in mente ancora una volta. Lo stavo dimenticando ma in realtà è l'unico motivo per cui ho accettato la sua offerta.
    Fai l'amore con me. Sotto l'acqua.
    Mi sbottono il pesante giaccone. Lentamente un peso si libera da dosso e cade atterra.
    Poi scopro solo una maglia che non c'è. Solo un ventre piatto, un seno sporgente, i capezzoli induriti a contatto con il freddo della stanza.
    Un piccolo Harrakka su una scapola, con ali chiuse. Paziente.
    Solo pantaloni sgualciti, tutto il resto è nudo. Nuda è la carne di chi l'ha fatta.
    Mi avvicino, gli sfioro la parte dell'occhio gonfio, farà un male tremendo, lo sento sotto le dita.
    Due volte. Due volte dovrebbe bastare.
    Affermo convinta ma più lo dico, più sembra perfettamente allusivo.
    Non è una mia colpa. Non sono ancora brava a parlare. Ma è forse un male?
    Gli afferrò una mano, lo strattono un po'.
    Dimmi dov'è.
    L'uccellino è paziente, io molto meno. Se voglio aiutarlo meglio farlo ora, altrimenti dopo sarà peggio.
    Vieni con me, non ti farò nulla.
     
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    Benzo.



    Ma lo sai tu com'è essere un uomo e pesare come un bambino?
    Un ragazzino di quelli che alle medie prendi per il culo.
    Un metro e ottantacinque.
    Quanti chili?
    Cinquantasei.
    Cinquantasei, una bambina senza tette.
    Una magrezza che la vedi nelle ginocchia annerite e storte, nelle costole che puoi giocarci a contarle, negli zigomi, due e uno adesso che sembra sfondato.
    Che brutto essere umani.
    Sapere che questa scopata sarà "free" mi fa sentire un'opportunista del cazzo, ma sparisce tutto il sentimento di rammarico.
    Sotto i piedi.
    Soffocato da una presa del bisogno alla gola.
    Mi ghigna dentro il vecchio Benzo gagliardo di quando ero un ragazzo pronto a spaccare il mondo.
    Tremo.
    L'aria è fredda anche per me, sulla pancia ed i capezzoli ed i lividi che sono ancora in gestazione.
    Dolorosi, ma non ancora usciti.
    Glielo darò un nome?
    Polaroid sbiadite di quella volta che le presi dalle guardie.
    CITAZIONE
    Fai l'amore con me sotto l'acaua

    Trattengo il fiato come un sedicenne e la guardo spogliarsi mezza nuda sotto il giaccone.
    Che freddo.
    Dov'è la sua maglietta.
    Questa è pazza.
    Tutti hanno una maglietta.
    E penso per un secondo alla storia di un padrone cattivo che la tortura così.
    Io non sono un principe.
    Ora lo sento tirare, davanti alle sue tette piccole.
    Mi prende la mano e io osservo con odio i suoi pantaloni.
    Le prendo le dita e cammino fino al bagno indicandole la doccia.
    Apro l'acqua e sospiro slacciandomi il bottone dei jeans già scomodi sul cavallo gonfio.
    Meglio spogliarsi intanto che l'acqua si scalda...
    E lentamente lascio cadere i pantaloni.
    Niente biancheria.
    Non la indosso mai.
    Butto fuori del fiato caldo mentre me ne sto nudo come un verme davanti a lei.
    Con le gambe che son due stecchi e il cazzo che, almeno, sembra più grosso del resto del corpo.
    Ho un buco in più.
    Vecchio piercing sulla cappella che ho dovuto levare per complicazioni.
    Quali?
    Ho fatto una gonorrea quattro anni fa.
    Preferisco non pensarci.
    Dovrei prendere un goldone.
    Non ho mai provato se avessi l'AIDS.
    Non ho mai visto se ho l'HIV... ho dei profilattici nello sportello del cesso.
    Dico onesto.
    Poi la scelta sta a lei se lo devo prendere o no.
    Per ora decido di ascoltare l'acqua.
    Calda a sufficienza.
    Entra per prima, te l.o meriti.
    Zero foga sessuale da saltarle addosso, mi fa male tutto anche se sono eccitato.
    Conviene stare calmi.
    Le osservo le tette e il tatuaggio mentre inizio a sentire l'impellente bisogno di toccarla.
    Allungo una mano a sfiorarle le anche e salgo piano fino alla spalla passando dal seno e dal capezzolo.
    Il tuo tatuaggio, mi piace.

    Edited by Benzo.jpg - 19/10/2018, 00:40
     
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    Fare l'amore. Niente sesso, solo amore. Senza vestito che tenga, senza impurità a sporcarti.
    Ho lasciato che gli occhi lo guardassero senza nessun espressione sul volto. Non indifferenza, non sgomento. Solo il nulla.
    Come i vestiti che non posso e non voglio concedermi. Gli animali per caso ne indossano qualcuno? La bellissima gazza sulla mia spalla, che picchietta desideroso di avere la carne ma anche l'amore, ha per caso vestiti addosso?
    Sono solo scelte. Io ho scelto di essere libera ma esser anche schiava. Sono solo parole consolatorie e niente più. Ma mi sento libera davanti a lui, senza che nessuna barriera o maschera indossata.
    Esser pazzi? Cosa leggo nel suo sguardo mentre mi osserva? Una donna senza pudore ma con la grazia di una lepre in mezzo alla neve? Gentilezza. Come sono gentili le mie dita mentre sfiorano le sue senza alcun problema. Quale dovrebbe essere? Il non fidarsi forse?
    Ma non si può aver paura di qualcuno che sta male più di te.
    Dare amore e portarne via altro. Non so cosa voglia intendere ma sono sicura che sia qualcosa di veramente caldo, che ti stringe, ti strappa e ti brucia.
    Voglio far l'amore sotto la doccia ma credo che l'uomo abbia inteso per altro. Mi guarda i pantaloni e io li guardo a mia volta. Sono di troppo, sono scomodi e nascondono la verità.
    Non voglio privare agli occhi la meraviglia per cui sono nata. La bellezza di un corpo umano e guardarla intensamente fino a desiderarla.
    Che mi stia desiderando adesso? Sono abbastanza bella per lui?
    Eppure non sento una cosa simile vederlo nudo. Sento qualcosa di più dolce e genuino.
    Stando nudi riesco a veder come sia realmente e mi fa meno paura. Ma la paura per quest'uomo non c'è mai stata.

    «Non ho mai visto se ho l'HIV... ho dei profilattici nello sportello del cesso.»

    L'ascolto. Ascolto la sua sincerità. Quando si è nudi si è più gentili ed io amo questo momento.
    Scuoto la testa e mi accorgo di non aver più niente addosso. I capelli mi solleticano le spalle, le cosce si accarezzano a vicenda in un contatto piccolo e improvviso. Mi sento decisamente meglio.
    Mi dice di andar io per prima e lo faccio come una bambina ubbidiente. Poi, quando sento l'acqua solleticarmi le braccia e il sedere, sorrido.
    Amo l'acqua come si ama la pioggia. Lava via tutto. Ti rende più pulita.
    Mi giro di spalle, lascio che mi bagni i capelli e il viso. Vedo un po' sfocato ma l'immagine davanti a me e ancora nitida.
    Sento, lo percepisco. Quel bruciore di desiderio che accarezza il mio disegno, il mio piccolo uccellino senza voce.
    Cerco di non fargli male. Allungare una mano, trarlo a me. Non mi importa cosa abbia detto prima, credo di averlo già dimenticato.
    L'acqua sta facendo dimenticare quasi ogni cosa di me ma non fa niente, adesso voglio godermi il momento.
    Sento l'ossatura sotto i polpastrelli. Sembra uno scheletro fatto più di ossa che carne e se potessi, presterei un po' del mio. Sentirlo uguale a me, della stessa materia.
    L'uccellino o canta per invidia o per rabbia. Ma se canta per il vero e solo un mistero.
    Cinguetto una sciocca filastrocca rendendo il momento meno faticoso da sopportare. Per me non è alcun problema, per l'altro forse è un disagio.
    Deve aver stato nudo altre volte, con altre donne ma con me? Con tutta questa tranquillità? E la prima volta?
    Carezze, solo lieve carezze. Deve star male e io devo star attenta.
    Avvicino il corpo perché altrimenti non entrerebbe mai con me. L'acqua mi rende più temeraria o più istintiva. Non saprei dire ma non riesco a parlare in questi momenti.
    Dovrei provarci.
    Non importa. Sei bello anche tu. Non sei un uccellino ma hai un buon odore.
    L'odore di corpo bagnato. Di un uomo bagnato. E la prima volta per me e mi piace. Questo uomo ha un buon odore.
    Lievi carezze, gentilezza sui suoi dolori, senza frenesia. E baci, sulle sue debolezza, su segni di una vita che forse è stata un po' sbagliata.
    Baciarli le labbra sa di ruvidezza ma anche delicatezza. Questa sensazione mi piace, rabbrividisco lentamente.
    L'acqua che lava e porta ogni suo male.
    Voglio toccarlo e lasciarmi toccare senza paura. Prendere le sue mani, il suo viso e lasciarmi accarezzare. Voglio sentir le sue carezze come l'amore con il sentimento.
    Perché con me le persone sorridono di più e lui non sorride molto.
     
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    Benzo.



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    Ma sta tipa? Sta tipa è di un'altro cazzo di pianeta e me ne rendo conto.
    Un po' per le sue curve che, dio, non le diresti su una barbona.
    Un po' per il suo modo di parlare che mi fa venire seri dubbi sulla sua lucidità mentale, davvero questa non è una tossica.
    Aspetta, hey.
    Io lei non so come cazzo si chiama.
    Per ora è solo '' quella che scuote il capo quando gli dico di non avere mai fatto un test sull'HIV e se vuole che usi un profilattico.''
    Una parte di me si vorrebbe spingere verso l'armadietto del bagno, ma l'altra parte ( molto più sostanziosa) mi sta urlando di strabattermene i coglioni.
    Capite, no?
    Con un cappuccio di lattice non si sente un cazzo.
    Poi vuoi mettere la sensazione di venire dentro, ma proprio tutto dentro? Altra storia.
    E se poi la ingravido?
    Salto della quaglia, si dice così, no? Proviamoci perché io d'altri figli non ne voglio.
    Ho già dato.
    Ho già perso.
    Mai più.
    La guardo spogliarsi e mi perdo per un secondo nella peluria tra le sue cosce, ho un debole per le ragazze un po' "nature" là sotto.
    La fichetta rapata mi sa di bambina e a me piacciono le donne fino a prova contraria.
    Inghiottisco e seguo il suo corpo che sguscia nella doccia veloce premendosi contro il muro per lasciarmi spazio.
    Ha un bel culo.
    E' fatta bene, dannatamente bene e non capisco come possa essere finita per strada, cosa cazzo ha sbagliato nella sua vita?
    Su di me si leggono mille storie, su tutto il corpo le ho incise, ma lei?
    Entro con lei infilando i piedi per primi nell'acqua già bollente nel piatto della doccia.
    Scotta la ceramica, ma non mi lavavo da un po' ed anche io iniziavo a puzzare di piscio.
    Da quando mi buco sono incontinente.
    Costipato, ma non trattengo l'urina a lungo... brutta roba l'eroina.
    Le sue dita sui miei lividi mi fanno respirare profondamente mentre seguo il loro percorso con gli occhi ed ogni tanto la guardo.
    La osservo.
    E' bella.
    Aggraziata e mi scappa la voglia di sbatterla al muro, perché mi va bene così.
    Se qualcuno ci stesse spiando dalla finestra potrebbe immaginarci una coppia felice, ma io 'sta qui l'ho conosciuta stasera.
    Mi morto il labbro quando i suoi polpastrelli lisci mi toccano la botta sul costato e di rimando alzo una mano a toccarle il collo e vanno ad aggrovigliarsi le mie dita ai suoi capelli mentre l'acqua violenta ci cade addosso.
    Tanto le paga mamma le bollette.
    CITAZIONE
    L'uccellino o canta per invidia o per rabbia. Ma se canta per il vero e solo un mistero.

    Ma che cazzo vuol dire?
    Un pensiero superficiale, ma non sono abbastanza fatto per seguirla.
    Sono troppo sotto dalla coca per sbandarmi con una strisciatina.
    Non mi ha nemmeno agitato troppo.
    Sto sveglio e mi basta, era la dose giusta.
    Forse devo solo conoscerla meglio questa tipa.
    Mi avvicino, appoggio la mia pancia alla sua le bacio la spalla dove sta il tatuaggio, gliela mordo appena, ma per ora non mi do da fare anche se è difficile starle appoggiato con il cazzo sul suo pube e non muoversi, non lasciar venir tutto fuori.
    Mi sto facendo dei riguardi strani?
    No, hey hey.
    Benzo le donne le ha sempre rispettate, dalla prima all'ultima, mai una sberla, mai un cazzotto o uno strattone di capelli.
    Mai .
    Se non voluto, ovviamente.
    Salgo e finalmente gli bacio il collo per un istante e poi mi scanso col capo a guardarla.
    Io...sono Benzo. Piacere.
    Non di certo gli dico il mio nome di battesimo.
    Lo sanno in tre quale sia.
    A me Benzo piace di più, anche se la clientela mi conosce più come Il Rancido, che come Benzo.
    Il perché?
    Mi piscio spesso addosso, l'ho già detto? E non amo lavarmi, l'acqua calda spesso mi fa perdere i sensi se sto in astinenza o se sto fatto.
    Poi mi scordo di mangiare, immaginate quanto stracazzo me ne incula di farmi una doccia.
    Torno alla ragazza bionda che ho davanti.
    CITAZIONE
    Non importa. Sei bello anche tu. Non sei un uccellino ma hai un buon odore.

    Non so da dove arrivi questa frase, ma mi piace come suona.
    Bello, mi chiama Bello.
    Nessuno lo ha mai fatto, forse Jessica nei primi periodi che s'usciva, ma mai nessun'altra.
    E lo so, la bellezza non è nelle mie qualità, io sono un pezzo d'osso coperto di pelle giallastra, colpa di un fegato andato a puttane.
    Tutto magro come un chiodo.
    Tutto magro come un malato di cancro.
    Mi piacerebbe poterla prendere la scusa del cancro, ma io mi sto ammazzando da solo.
    Mi bacia la bocca e dimentico il mondo intero.
    Fanculo il rammarico, fanculo tutto e baciala ancora un po'.
    La spingo verso il muro continuando in quel bacio che si fa sempre più umido anche se il calore della doccia un po' l'asciuga questa saliva dolciastra.
    La mia sa di fumo.
    La sua d'aria di strada.
    Le metto le mani sui fianchi, sulla schiena, sul culo e poi le cosce continuando una lotta di labbra, denti e lingue che mi costringe a respirare con pesantezza dal naso mentre mi incollo di più a lei cercandole le tette con le mani.
    E ancora mi chiedo come si chiama.
    Sì uccellino, sei bella anche tu.
    Constato guardandola appena con gli occhi grigiastri socchiusi.
    Troppo bella per me.
    Di sicuro.
    Fingiamo sia tutto un bel sogno.
     
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    «Io...sono Benzo. Piacere.»

    Rido. E una risata cristallina, bassa e pulita. Una risata che sa di divertimento ma anche di sincerità.
    Ed è strano. Per me è nuovo. Ridere mi sembra bello perché non l'ho mai fatto. Come ricevere un nuovo regalo di cui tu non conosco il contenuto.
    Mi piace perché di solito non lo faccio, non trovo una buona ragione e poi come potrei? Per le strade c'è qualcosa che valga la pena di sbellicarsi dalle risate? Per la gente che nasce e muore su quelle stesse. Dimenticate di qua, disperse di là.
    Sono sciocca in questo momento. Una bambina sciocca che non capisce la situazione in cui si trova e preferisce ignorare, credendo sia solo un innocente bagno tra fratellini con bolle di sapone e paperelle.
    Il mio intero corpo sta vibrando, cerco di contenermi. Non so cosa ci sia di divertente. Probabilmente è la sua presentazione ad averlo fatto. Soprattutto con un elefante che mi preme tra le gambe e voglia sgusciare in qualcosa di più caldo è accogliente.
    Eppure io gli sto sorridendo, come se davanti a me ci fosse un semplice uomo che respira e mi guarda con chissà quali pensieri per la testa.
    Mi chiamo Pöly, come quella che hai preso prima.
    Si, decisamente, devo esser fuori di testa.
    Che diamine, questo pover uomo vuole abbandonarsi ai piaceri della carne mentre l'acqua gli lava via ogni sangue e sudore. Ed io cosa sto facendo? Riempiendo la testa di belle frottole perché non so parlare. Davvero una bella figura.
    Lo vedo però, quello scorcio di sguardo un po' sorpreso e un po' addolcito. Deve averli piaciuto il mio complimento. E un gran bel ragazzo. Con sostanze o senza. O forse sono solo io, accecata da una bellezza fatiscente e senza differenze.

    «Sì uccellino, sei bella anche tu.»

    Bella? Bella io? Lo guardo un po' confusa. Non saprei se sorrider o piangere. In tanti me l'hanno detto ma non i questo caso, sotto l'unica cosa che mi da sollievo una volta nella vita e quando posso concedermelo.
    Ma sono solo una bambina un po' troppo cresciutella. E ancora queste cose non le so. Le posso solo amare perché hanno un buon suono.
    Dovrei ripagare il suo complimento in qualche modo?
    Gli sorrido perché è l'unica cosa che lo rende sicuro. Finché sono io a dar attenzioni, può star tranquillo.

    Sotto la moltitudine di baci che gli sto lasciando, accarezzo, premo, assaporo ogni centimetro di un corpo che non è il mio.
    Lo esploro, analizzo, osservo. Enfatizzo ogni mio senso a disposizione.
    Annaspo, prendo aria per quanto possa. E riprendo a baciar ogni cosa.
    Avevo sentito stringer i capelli bagnati, io afferravo invece glutei fatti più di ossa che carne.
    Cosce che non sono cosce, peli che non sono più pelli. Un cazzo che ha solo bisogno di una mano e niente più.
    Un bacio, due. Ancora un altro, senza fretta.
    Piegata così, con il solo muro a regger la mia schiena ma dovrei reggerlo.
    Ha più bisogno di me di quanto io ne abbia di lui.

     
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